Oggi: 13 Mar, 2025
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Che fine ha fatto Luigi Di Maio: dalle bibite allo stadio all’Europa, il viaggio incredibile di un politico camaleontico

1 mese fa
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C’era una volta un giovane napoletano con tanti sogni nel cassetto e una carriera tutta da scrivere. Luigi Di Maio, nato nel 1986 a Pomigliano d’Arco, si fa strada nel mondo come tanti altri ragazzi della sua età: qualche esame all’università (senza laurearsi), esperienze di lavoro saltuario e, si dice, persino un’occupazione come steward allo stadio San Paolo. Sì, proprio lui, l’ex Ministro degli Esteri, un tempo aiutava i tifosi a trovare il loro posto sugli spalti. Se non è un’epopea questa!

Il vero colpo di fortuna arriva con l’onda del Movimento 5 Stelle, che lo accoglie tra le sue fila come una delle giovani promesse della politica italiana. A suon di dirette Facebook e discorsi sulla “nuova politica” senza inciuci, Di Maio scala le gerarchie del partito fino a diventare vicepresidente della Camera nel 2013, a soli 26 anni. Nel 2018 arriva il trionfo: il Movimento 5 Stelle vince le elezioni politiche e lui, con l’entusiasmo di chi ha appena scoperto di aver pescato il jolly, diventa Vicepresidente del Consiglio e Ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro. Il ragazzo che serviva bibite ora gestisce il destino di milioni di lavoratori. Se non è meritocrazia questa!

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L’esperienza di governo è un ottovolante: prima l’alleanza con Matteo Salvini, poi la rottura, poi l’inciucio (pardon, accordo di responsabilità nazionale) con il Partito Democratico. Di Maio, da leader pragmatico, riesce a passare dall’abbracciare il sovranismo al governare con la sinistra senza battere ciglio. Un camaleonte della politica! Ma il tempo è crudele con chi sta troppo in alto. Nel 2020 lascia la guida del Movimento 5 Stelle, schiacciato da lotte interne e da un elettorato che iniziava a storcere il naso. Lui, però, non molla e si ricicla come Ministro degli Esteri nel governo Draghi. Con un inglese traballante e una buona dose di determinazione, gira il mondo tra summit e strette di mano, fino a diventare un volto istituzionale della diplomazia italiana.

Nel 2022 tenta l’ennesima acrobazia: lascia il M5S e fonda “Impegno Civico”, un partito che, come suggerisce il nome, aveva ottime intenzioni. Peccato che gli elettori non siano dello stesso avviso e alle elezioni il progetto si rivela un flop epocale. Fine della corsa? Macché! L’Unione Europea ha ancora bisogno di lui.

Nel 2023 arriva la sorpresa: l’UE lo nomina Rappresentante Speciale per il Golfo. Il ragazzo di Pomigliano d’Arco, partito dalle curve dello stadio, ora si occupa di relazioni diplomatiche con i ricchi emirati. Un incredibile colpo di scena per chi, fino a pochi anni prima, faceva la guerra ai “poteri forti” e ai tecnocrati di Bruxelles.

Che dire? Di Maio è la dimostrazione che nella politica italiana, tutto è possibile. Dallo stadio ai palazzi del potere, dal grillismo al moderatismo, fino alla diplomazia internazionale: il suo è un viaggio che ha dell’incredibile. E chissà, magari non è ancora finita. Perché se c’è una cosa che abbiamo imparato, è che Di Maio trova sempre una nuova poltr… ehm, una nuova opportunità.

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