Oggi: 14 Mar, 2025

Un attacco senza precedenti alla libera stampa, piena solidarietà. Piena solidarietà a Sigfrido Ranucci

1 mese fa
civico

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C’era una volta la libertà di stampa. E c’è ancora, almeno sulla carta. Ma oggi assistiamo a qualcosa di inedito nella storia della Repubblica Italiana: un partito intero, Fratelli d’Italia, ha deciso di citare in giudizio una trasmissione televisiva, “Report”, e il giornalista Giorgio Mottola per l’inchiesta “La mafia a tre teste”. La richiesta? Un risarcimento di 50.000 euro per una frase ritenuta diffamante.
Siamo di fronte a un precedente pericoloso, un atto che assomiglia più a un tentativo di intimidazione che a una normale tutela della reputazione. La querela o citazione (a seconda della natura dell’azione legale) non proviene da un singolo esponente politico, ma dall’intero partito di governo. Quale segnale viene lanciato alla stampa? La critica sarà tollerata solo se non scomoda troppo il potere?
Il giornalismo d’inchiesta è il baluardo di una democrazia sana. Indagare, porre domande scomode, portare alla luce connessioni oscure è un dovere per chi svolge questa professione con serietà. Se a ogni inchiesta corrisponde una denuncia, se il messaggio è “attenzione a cosa scrivete, perché vi portiamo in tribunale”, il rischio è chiaro: il giornalismo libero diventa giornalismo imbavagliato.
L’Usigrai ha parlato apertamente di “querela bavaglio”, un atto che mira a frenare il lavoro dei giornalisti. E il conduttore di “Report”, Sigfrido Ranucci, ha sottolineato la gravità della situazione: non era mai successo che un partito intero si scagliasse contro una trasmissione della libera stampa. Questo è il punto centrale della questione: una democrazia matura dovrebbe accettare il ruolo della stampa e confrontarsi con essa, non minacciarla con carte bollate.
Non è la prima volta che esponenti di governo o della politica italiana reagiscono con querele alle inchieste giornalistiche. Ma qui la situazione è diversa: non un singolo politico indignato, non un’azienda lesa nell’onore, ma un partito che si muove come un blocco compatto per colpire un giornalista. Una dinamica che in altri Paesi abbiamo visto fin troppe volte e che solitamente segna l’inizio di una china pericolosa per la libertà d’informazione.
In un Paese dove ogni anno si registrano circa 10.000 querele contro giornalisti – con oltre il 90% di queste che si conclude con un proscioglimento – è lecito domandarsi se questa non sia una strategia politica per scoraggiare il giornalismo investigativo. Le conseguenze sono pesanti, soprattutto per quei cronisti precari, senza le spalle coperte da grandi redazioni, che si trovano a dover affrontare costose battaglie legali solo per aver fatto il proprio lavoro.
Oggi, più che mai, è necessario che il giornalismo faccia quadrato attorno a chi viene colpito per aver svolto il proprio dovere. La libertà di stampa non è un privilegio, ma una necessità per ogni società democratica. Se si permette che venga erosa, pezzo dopo pezzo, domani potrebbe essere troppo tardi per difenderla.

fabrizio 1

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