In questa incresciosa situazione, salvo poi essere prosciolti da ogni accusa, si sono trovati politici, professionisti ed imprenditori. Ma prima di vedere riconosciuta la propria innocenza si sono visti rovinare la vita, alterare carriere, sconvolgere le famiglie…insomma sottoposti alla giustizia hanno subito ingiustizia. Noi che abbiamo i mezzi di comunicazione dobbiamo parlarne e indurre a pensare. Mi riferisco a casi di diretta conoscenza come gli amici Carmine Antropoli, Enrico Fabozzi e i fratelli Giuseppe e Pasquale Mastronimico, ma ce ne sono tantissimi che, in contesti diversi, hanno subito l’umiliazione del carcere e l’infamia di accuse rivelatesi infondate…anche dopo quindici anni…15 anni sono una vita, ci si può ammalare, vedere in frantumi la propria esistenza con un senso di impotenza che può anche-come Enzo Tortora- portare ad ammalarsi e a morire.
Lo racconta anche Manzoni ne “La Colonna infame“, due innocenti, Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora, furono accusati di essere “untori” e condannati a morte all’epoca della peste del 1630. Manzoni scrive «la menzogna, l’abuso del potere, la violazione delle leggi e delle regole più note e ricevute, l’adoprar doppio peso e doppia misura… non furon pur troppo particolari a un’epoca». La Storia de “La Colonna Infame” rivela la modernità di Manzoni e delle sue inquietanti riflessioni sui rapporti tra potere, informazione e giustizia, e ne coglie in pieno il senso Leonardo Sciascia in occasione dell’arresto di Enzo Tortora della cui innocenza era certo come ne erano certi Enzo Biagi e Marco Pannella contro tutta la stampa e l’opinione pubblica che-si sa- è facilmente manipolabile, oggi più di ieri, dai mass-media.
È un peccato che quel desiderio, quell’ideale di Giustizia che animò gli Illuministi si sia perduto o quantomeno molto impallidito nel tempo. Peccato che quell’equilibrio invocato dal Beccaria sia oggi definito con disprezzo “garantismo”. Ma non posso e non voglio credere che tutto ciò che è stato scritto si sia cancellato. Vero è che non si studia più ed è anche vero che oggi avere un’opinione diversa e sostenerla costa moltissimo in termini personali. Ma sono cresciuta in un’Italia più libera in cui, nonostante tutto, era possibile che intellettuali dissidenti, quindi, contrari al potere costituito, avessero voce anche contro un arresto e anche contro altre opinioni autorevoli. Cresciuta da un padre avvocato, nipote e pronipote di avvocati fino a generazioni lontanissime, sono stata abituata che “fino a prova contraria” si è innocenti e mio padre, che oggi verrebbe etichettato come “garantista”, ma che aveva oltre che una cultura profonda del Diritto anche una formazione Umanistica che rasentava la perfezione, nelle discussioni diceva sempre: “è meglio un colpevole libero che un innocente in galera“. Sul caso Tortora disse subito che l’accusa non era circostanziata né comprovata da riscontri e che il mafioso Melluso certamente aveva espresso accuse in cambio di benefici…così fu e fu successivamente provato.
Bisogna parlarne sempre, tutto ciò che è nelle mani degli uomini e delle donne può essere soggetto all’errore, però poi di questi “errori” bisogna anche essere responsabili. Ciò che accadde nel 1630 agli innocenti Piazza e Mora accade ancora oggi. Il Manzoni parla di “delatori”, oggi accade per i cosiddetti “collaboratori di giustizia” e né agli uni né agli altri si dovrebbe dare un credito aperto senza condizioni.
Certamente la Giustizia deve fare il suo corso ed è auspicabile, ma deviare il corso e forzare le circostanze può diventare “La colonna infame” raccontata dal Manzoni ovvero una storia di somma ingiustizia. Storia di “burocrati del male” la definì Sciascia
È del 30 marzo la dichiarazione del Procuratore di Napoli, Nicola Gratteri che non concede nulla a Schiavone perché reticente sulla Terra dei Fuochi…un approccio forse più prudente dell’uso dei “pentiti” utilissimi, ma certamente non meritevoli di essere innalzati allo status di testimoni visti i loro curriculum fitti di omicidi, spaccio e ogni nefandezza possibile. Vanno vagliati e possibilmente non in 4 anni né in 15 anni, ma prima di irrompere nelle vite dei cittadini a gamba tesa, prima di farsi responsabili della rovina di innocenti.
Piazza e Mora ne “La Colonna infame” vengono giustiziati, le loro case distrutte e davanti posta la colonna con le accuse. Appunto “La colonna infame” ancora conservata al Castello Sforzesco, oggi non si condanna a morte è vero e menomale, ma tutto il resto del danno esiste, la casa intesa come vita, lavoro e famiglia viene distrutta e all’infamia ci pensa certa stampa che, vista la sua propria pervasività, è anche peggio della lapide della colonna infame. E riflettiamo pure su “l’adoprar doppio peso e doppia misura” in cui troppo spesso ci imbattiamo. Troppo spesso!
