Il proverbio “Non c’è Quaresima senza baccalà” è più di una semplice espressione popolare; è un ritratto fedele di una tradizione che affonda le sue radici nel rispetto delle tradizioni religiose e delle necessità pratiche di un tempo. Durante la Quaresima, il consumo di carne è vietato, e il pesce diventa il protagonista indiscusso dei pasti. Tra tutte le varietà di pesce, però, il baccalà e lo stoccafisso si sono affermati come i più “umili” e simbolici, anche per il loro legame con la tradizione cristiana di penitenza e sobrietà. Non è un caso che proprio il venerdì che precede la Pasqua sia dedicato a questi piatti semplici ma ricchi di sapore. A Sessa Aurunca , il piatto di baccalà è l’emblema della cucina del Venerdì Santo. Ma mentre sulle tavole alcuni consumano queste prelibatezze, nelle strade si svolge la solenne processione dei misteri, una tradizione che segna il cammino della Passione di Cristo. La città si trasforma, il silenzio viene rotto solo dai canti dei fedeli e dal suono dei passi che avanzano lenti tra il centro storico. È proprio in questi momenti che il baccalà diventa più di un semplice piatto; è un legame con la tradizione che si esprime anche attraverso il cibo. In questa giornata così speciale, tra il silenzio del sacro e il calore delle tradizioni familiari, il baccalà diventa il cuore pulsante di una cultura che sa come celebrare la fede con dignità e gusto. E, come recita il proverbio, “Non c’è Quaresima senza baccalà“: una tradizione che continua a essere viva, forte e piena di significato.

