La notizia è stata oggetto ieri dall’agenzia di stampa che rileva un documento inedito che furono le truppe marocchine, algerine e tunisine, e non i soldati tedeschi, a trafugare oltre 200 reperti dal Museo Civico di Sessa Aurunca durante la Seconda Guerra Mondiale
Un documento inedito scoperto tra gli archivi storici svela un nuovo capitolo sui furti di reperti archeologici avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale. A impossessarsi dei preziosi materiali sottratti dal Museo Civico di Sessa Aurunca, non furono i soldati tedeschi, come si pensava finora, ma le truppe coloniali francesi, tra cui i “goumiers” marocchini, algerini, tunisini e senegalesi, appartenenti al Corpo di Spedizione Francese. Questi reparti furono tristemente responsabili di numerosi crimini, tra cui saccheggi, omicidi e stupri, in un periodo che va dal luglio 1943 al gennaio 1946, un periodo noto come le “marocchinate”.
La rivelazione è stata fatta dall’Associazione Nazionale Vittime delle Marocchinate, che ha rintracciato il documento grazie al lavoro del suo presidente, Emiliano Ciotti, storico e ricercatore. Già in passato, Ciotti aveva trovato documenti che confermavano il furto di sette quadri di Picasso nel 1944 a Sessa Aurunca, sempre a opera delle truppe coloniali francesi.
Il nuovo documento, datato 9 novembre 1944, è firmato dal professor Giuseppe Tommasino, ispettore onorario del mandamento di Sessa Aurunca, e indirizzato alla Soprintendenza alle Antichità della Provincia di Napoli. In questo, Tommasino redige un dettagliato elenco dei materiali sottratti tra marzo e maggio 1944 dalle truppe francesi, dopo aver ispezionato il museo dal 1° al 7 novembre 1944.
Nel suo rapporto, l’ispettore descrive con grande attenzione il lavoro di recupero del materiale archeologico residuo: “Il ritardo di circa 14 giorni nella risposta alla nota N 3188 della R. Sopraintendenza è stato dovuto alla necessità di un accurato lavoro di recupero del poco materiale rimasto”, spiega Tommasino, descrivendo la devastazione del museo. I reperti erano sparsi e frantumati, con oggetti di valore storico ridotti in macerie. Il lavoro di sgombero è stato eseguito grazie all’aiuto di operai e studenti locali, ma il materiale trovato necessitava di un nuovo riordino e catalogazione.
Nel suo elenco, Tommasino segnala la scomparsa di numerosi reperti, tra cui statuette, monete, bronzi, terrecotte, coppe e vasi di epoca romana e repubblicana, oltre a teste marmoree e pugnali. Molti di questi sono stati distrutti o ridotti a frammenti, come le anfore di terracotta e le antefisse, che sono state irreparabilmente danneggiate. Inoltre, alcuni dei tavoli del museo sono stati asportati, tra cui uno contenente un pugnaletto siliceo appartenente all’epoca eneolitica e donato al museo dalla famiglia Capizzi di Piedimonte.
Questa scoperta, che conferma un altro atto di depredazione storica durante la Seconda Guerra Mondiale, alimenta ulteriormente il dibattito sulla necessità di recuperare e tutelare i beni culturali danneggiati da eventi bellici e saccheggi.