“Sessa città chiusa”- Un’ironica riflessione tra cinema e realtà con un accostamento al capolavoro di Rossellini, “Roma città Aperta”.

Tra cantieri infiniti e promesse di rinascita, una città in ostaggio del PNRR

Mentre il film “Roma città aperta” di Roberto Rossellini rievoca i nove mesi di occupazione nazi-fascista a Roma, oggi Sessa Aurunca si trova in una situazione diametralmente opposta: “Sessa città chiusa”, non per mano di invasori, ma per l’imponente cantiere di rifacimento del basolato, finanziato dal Pnrr. Un’opera che, se da un lato promette un centro storico più bello, dall’altro lo ha reso quasi inaccessibile, trasformando i cittadini in esperti di slalom tra transenne e basoli sparsi. Se nel 1945 Roma era occupata dai nazisti, oggi Sessa è “occupata” dalle ditte edili. Il risultato? Un commercio già in difficoltà ridotto al lumicino e una vita cittadina che procede a zigzag. Nessuno vuole puntare il dito contro il Sindaco, che deve rispettare i tempi del Pnrr, ma la somma urgenza sembra un concetto sconosciuto in Italia. A Sessa la resistenza è quotidiana: evitare le buche, aggirare i cantieri e sperare che il basolato sia davvero “a magistero”. La città è chiusa, ma non per mancanza di speranza, bensì per un’opera che, seppur necessaria, sta mettendo a dura prova la pazienza di tutti. Alla fine, avremo una Sessa più bella, si spera. Ma a che prezzo? Un commercio in crisi, cittadini frustrati. Forse, come in Roma città aperta, anche qui c’è una nota di speranza: i basoli nuovi, simbolo di un rinnovamento che, seppur lento, arriverà. Nel frattempo, possiamo solo immaginare Rossellini che, con la sua macchina da presa, documenterebbe questa nuova forma di resistenza: quella contro i ritardi e la burocrazia. Insomma, se Roma era aperta e resistente, Sessa è chiusa ma, forse, altrettanto resiliente.